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Dall’alambicco alla bottiglia

Quando la grappa sgorga dall’alambicco, salvo incidenti di percorso, è un liquido incolore e cristallino dotato di un profilo olfattivo particolarmente ampio nella sua varietà di toni. In genere è pungente sia al naso che in bocca per la presenza di molecole dotate di questo carattere e per il suo tenore alcolico compreso tra 70 e 86°. Portandola alla gradazione di consumo, intorno ai 40°, normalmente cambia aspetto facendosi opalescente, ma rimane tutto sommato abbastanza sgarbata anche quando lascia scorgere, ai tecnici di comprovata esperienza, ottimi livelli di qualità. Nonostante la grappa non necessiti, a diversità di altre acqueviti che nascono povere di profumi, di arricchimenti attraverso l’uso di piante officinali o del legno ha però bisogno di un congruo periodo di riposo per riprendersi dallo sconvolgimento della distillazione. La maturazione sarà tanto più lunga quanto più forte e decisa è la sua personalità: vi sono grappe che danno il massimo solo dopo un anno di affinamento in fusti, anche se impermeabili come quelli di acciaio inossidabile.
Trascorso questo tempo più o meno lungo, la grappa, per giungere alla bottiglia, segue un ciclo tecnologico molto semplice: riduzione del grado, refrigerazione, filtrazione. Questa è la via più breve, quella che porta all’ottenimento della grappa giovane, nervosa e generosa acquavite vestita solamente degli aromi ricavati dalla vinaccia e selezionati mediante la distillazione.

Luigi Odello
Il codice sensoriale grappa

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