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Un buon bicchiere per appezzare la grappa

In ogni bicchiere per la valutazione sensoriale è possibile distinguere tre parti: la base o piede, lo stelo – che può essere più o meno lungo, ma che comunque deve consentire una buona impugnatura senza dover toccare il calice con le dita – e il corpo o calice che può variare per capienza e forma presentandosi più o meno panciuto, più o meno alto, arrotondato o svasato. 
Consideriamo dunque i principali elementi che distinguono il bicchiere rilevando le caratteristiche che devono avere per renderlo adatto alla valutazione sensoriale, tenendo conto che le medesime possono anche essere considerate per l’apprezzamento delle acqueviti.

Piede

Il piede è l’elemento che da stabilità al bicchiere sia a livello statico (quando è appoggiato su un piano), sia nel momento dinamico, vale a dire quando l’utente lo solleva per apprezzare prima l’aspetto e poi il profumo dell’acquavite e, ultimo atto, per portarla alla bocca. 
Per capire la sua importanza occorre precisare che, sia nelle sedute di analisi sensoriale, sia nel consumo corrente, ogni elemento che può compromettere l’uso agevole del bicchiere è da considerarsi negativo. 
Ora, tanto più il piede è largo, tanto maggiore è la sua stabilità e la percezione che ne ha il degustatore. Un piede largo dona quindi tranquillità, ma c’è di più: l’assaggiatore per formazione ha imparato a impugnare il calice da degustazione attraverso l’indice e il pollice che afferrano lo stelo e il medio che lo sorregge, oppure, per i più “stilosi”, chiudendo il piede a pinza tra il pollice e l’indice. Solo in questo modo è possibile imprimere agevolmente la rotazione al liquido senza farlo traboccare dal bicchiere. 
Oltre che scenica l’operazione ha l’obiettivo di consentire una rapida formazione dello spazio di testa per percepire i profumi della grappa. 
Se il piede è troppo stretto la presa risulta precaria, o comunque dà all’assaggiatore questa impressione, inducendo in lui quel pizzico di insicurezza che in qualche modo inciderà nella sua valutazione dell’acquavite.

Stelo

Lo stelo è l’elemento che unisce il piede al corpo del bicchiere. Apparentemente è una funzione semplice, della quale sono in molti a rendersi conto solamente quando si rompe, vanificando ogni tentativo di recupero dell’intero oggetto. In realtà lo spessore e la lunghezza dello stelo hanno ben altre valenze. Il primo ne determina la facilità di impugnatura soprattutto per quanti tengono il bicchiere nel modo classico, tra l’indice e il pollice. 
La lunghezza invece incide sull’altezza del bicchiere e quindi sulla sua praticità, tanto quando il bicchiere è posto davanti all’assaggiatore, tanto quando è nelle sue mani e quindi deve permettere di fare ruotare il liquido in modo agevole. 
Se lo stelo supera una certa lunghezza e un particolare rapporto con l’altezza del corpo, non solo viene compromessa la stabilità dell’oggetto in quanto si alza il baricentro e aumenta l’ingombro per una facile presa di altri bicchieri dal set di assaggio o di altri oggetti sul tavolo, ma si rende difficoltoso e poco elegante il movimento di rotazione che fa assumere alla bevanda il famoso cono per consentirne l’evoluzione e la liberazione degli aromi.

Corpo

Il corpo è la parte fondamentale del bicchiere e di esso occorre considerare la capacità e la forma. La prima deve essere progettata in funzione della quantità di bevanda da servire in modo che possa rimanere uno spazio di testa (lo spazio esistente tra il pelo libero del liquido e la bocca del bicchiere) variabile tra 2 e 5 volte rispetto al liquido. 
Lo spazio di testa necessario è correlato alla natura della bevanda e viene determinato empiricamente in funzione della temperatura di consumo e della sua costituzione. Lo spazio di testa ideale è quello in cui la bevanda esprime il miglior rapporto tra i suoi costituenti volatili nello spazio di testa, vale a dire in cui le molecole odorose formano la migliore miscela che il liquido, alla temperatura di servizio, può esprimere. In questo c’è anche da considerare l’operazione di arieggiamento eseguibile mediante movimento rotatorio: se è insufficiente lo spazio di testa l’obiettivo è difficilmente raggiungibile. Considerato il fatto che il volume di servizio di un’acquavite varia tra 25 e 40 millilitri, il corpo del bicchiere adatto dovrà avere un volume raso bocca compreso tra 100 e 200 millilitri.
La forma del corpo non ha solamente una funzione estetica, ma è fondamentale sotto il profilo tecnico.
La geometria del corpo del bicchiere è quindi essenziale e deve essere disegnata in funzione della bevanda e della temperatura di servizio. 
Per determinare la corretta funzionalità dell’oggetto occorre quindi considerare anche il rapporto tra diametro del bicchiere a livello di riempimento e diametro della bocca del bicchiere che, insieme alla temperatura e allo spazio di testa, determinerà la corretta miscela di molecole odorose. I quattro fattori, insieme, determineranno anche la rapidità con la quale lo spazio di testa verrà a riformarsi dopo ogni sorso.
Ma, affinché le molecole odorose giungano al naso nella giusta concentrazione, occorre ancora considerare un ultimo elemento: il punto di fuoco. Questo è in pratica il punto in cui, in base ai fenomeni convettivi indotti dall’inclinazione delle pareti del bicchiere, si ha la massima concentrazione teorica delle molecole odorose. 
Se le pareti risultano parallele allo stelo, il punto di fuoco è all’infinito; se tendono, attraverso la loro immaginaria proiezione, a incontrarsi vicino alla bocca avremo un punto di fuoco basso; al contrario, se tendono a divergere, si avrà un punto di fuoco negativo, verso il piede del bicchiere, e quindi le molecole odorose tenderanno a disperdersi.

Luigi Odello
Il codice sensoriale grappa

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