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Le grappe con il blasone

La fantasia dei grappaioli è davvero fervida e per dare un blasone alla propria grappa sono disponibili a tutto: dalla denominazione di vitigni rari a quella di vini famosi, dal recupero di antiche tradizioni che evocano calore e affetti casalinghi all’uso di termini autoinneggianti come fuoriclasse, magnifica e nobile o aggettivi che echeggiano possibili caratteristiche sensoriali del tipo morbida, delicata, forte o, ancora, allusioni romantiche come “sogno di dama”, “morsi di luce”.

In un test che ha visto la partecipazione di 1.161 tra operatori e consumatori, la prima grappa che ha usato uno di questi termini per darsi un blasone è stata collocata in trentesima posizione per piacevolezza di nome: non è un gran risultato.
Aiutandoci anche con il valore relativo all’attraenza, abbiamo allora cercato di comprendere che cosa rende il naming capace di dare una marcia in più alla grappa.
Abbiamo piacevolmente scoperto che operatori e consumatori sono influenzati da un insieme di valori di filiera. Di primo acchito parrebbe dall’elevazione in legno, in quanto hanno tributato un vero trionfo a questa categoria di grappe. Ma facendo un passo più avanti troviamo che il nome di un vino famoso in questo caso ha aiutato non poco: nelle prime dieci referenze la grappa di Amarone compare quattro volte, Barolo e Brunello una. In totale sulle prime dieci referenze i grandi vini italiani usati nella denominazione si aggiudicano la maggioranza. Ma con loro compare anche una grappa di Nero d’Avola e una di Zibibbo, mentre altre due riportano semplicemente il riferimento all’elevazione in legno. Dunque non solo il nome di vini/vitigni distinti da alta immagine, ma anche denominazioni di prodotti alla moda.

Ci stiamo chiedendo che impatto potrebbe avere l’alambicco, visto che è un elemento sul quale nessun distillatore sta puntando nella presentazione del prodotto, mentre ben sappiamo che negli ultimi anni l’adeguamento tecnologico in distilleria è stato molto forte e varrebbe la pena di comunicarlo.
E quale impatto potrebbe avere se venisse portata in primo piano la denominazione geografica con tanto di indicazione in etichetta?

Luigi Odello
Presidente – Centro Studi Assaggiatori
Professore di Analisi sensoriale alle Università di Verona, Udine e Cattolica di Piacenza
presidenza@assaggiatori.com

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