La grappa è prodotta mediante distillazione diretta delle bucce degli acini d’uva che, in quasi tutti i casi, rappresentano la sede privilegiata dalla vite per accumulare sostanze aromatiche.
Va da sé che, se prendiamo una grappa che non abbia subito alcun invecchiamento in legno o trattamento con sostanze aromatizzanti, il suo profilo sensoriale e quindi le caratteristiche di tipicità sono direttamente correlate alle caratteristiche della vinaccia e alla tecnologia di distillazione.
L’uva e la vinaccia
Nel mondo si producono oltre 50 miliardi di chilogrammi di uva ogni anno. Non tutta diventerà vino e solo una piccola parte fornirà la materia prima per fare la grappa: la vinaccia. Nell’accezione tecnica del termine questa è quanto rimane di un grappolo quando lo si è privato della fase liquida con i potenti sistemi messi oggi a disposizione dalla meccanica enologica. La vinaccia è quindi l’insieme dei graspi (l’intelaiatura erbaceo-legnosa che lega gli acini in grappolo e questo alla vite) dei vinaccioli (i semi della vite racchiusi nell’acino) e delle bucce degli acini. Volendo mettere la cosa sotto un profilo quantitativo abbiamo che da 100 chilogrammi d’uva si ricavano 80-85 litri di mosto, 9-12 chili di bucce, 3-4 chili di vinaccioli e 3-4 chili di raspi. Per far la grappa però raspi e vinaccioli non interessano: i primi in distillazione non sono d’utilità alcuna, creano problemi nella conservazione delle bucce e altri, non meno importanti, sotto il profilo meccanico; i vinaccioli sono lo stesso inutili e, inoltre, possono conferire oleosità
e nuances organolettiche poco gradevoli all’acquavite.
Quindi, trattando noi di grappa, quando parleremo di vinaccia, intenderemo l’insieme delle bucce degli acini d’uva separate dal mosto dopo la pigiatura o dal vino al termine della fermentazione.
Vista da un esperto di fisiologia vegetale la buccia dell’acino d’uva non è altro che un involucro formato da un’epidermide dello spessore di 2-10 millesimi di millimetro costituita da cellule regolari disposte in buon ordine come il selciato di una strada.
Al disotto dell’epidermide, verso l’interno dell’acino, vi sono altre serie di cellule sempre più grosse mentre, al disopra, l’epidermide è coperta da una cera bianca chiamata pruina della quale i lieviti vanno ghiotti.
Per il chimico la buccia dell’uva è un insieme di cellulosa (20-25%), sostanze azotate (10-15%), pectine, zuccheri, acidi, acqua, aldeidi, esteri, chetoni, sostanze coloranti e aromatiche, sali minerali e via discorrendo.
Per il produttore di grappa la buccia dell’acino d’uva è molto di più: è la materia prima per produrre emozioni attraverso gli aromi che contiene!
Per il lambiccaro diventa quindi importante la conoscenza di ogni fattore incidente sul contenuto e sul profilo delle sostanze aromatiche della vinaccia.
Luigi Odello
Il codice sensoriale grappa
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