“Le acqueviti debbono essere ottenute dalla distillazione di fermentati di sostanze zuccherine o saccarificate, sane, genuine, in buono stato di conservazione, distillate in modo da eliminare ogni gusto sgradevole e da conservare i principi aromatici delle sostanze fermentate e delle sostanze derivate dalla fermentazione”. Così, piena di buon senso, recita la legge 1559 del 7 dicembre 1951. Non è mai stata abrogata e ci viene bene per affrontare un tema tanto caro alla grappa: l’autenticità di aroma.
Immaginiamo che il legislatore, quando parla di “conservare i principi aromatici” non si riferisca alle molecole in quanto tali, bensì alle caratteristiche sensorialmente percepibili. A questo punto si pone imperiosa una domanda: è lecito, attraverso la torbatura o aggiunte di aromatizzanti, stravolgere il profilo sensoriale di un’acquavite? Nella grappa è sempre stata ammessa l’aromatizzazione, ma in quanto pratica tradizionale per la produzione di una specifica categoria i cui esponenti sono dichiarati: grappa alla ruta, all’ortica, alla genziana e così via. Qualcuno tirando un po’ (molto) la coperta intende invece la possibilità di correggere il profilo sensoriale.
Sotto il profilo legale continuiamo a sostenere che il processo non è lecito, sotto quello economico che è un grave danno per i produttori che partono da materie prime di alta qualità e le lavorano con grande maestria per scolpire il volto della futura acquavite. Ecco, continuiamo con la metafora: ben diverso è prendere un blocco di marmo e scolpire una statua o farsi uno stampo e colare in esso del gesso per fare una statua! Il mondo deve riconscere agli scultori veri il loro sacrificio e bandire dal panorama produttivo quanti abusano delle imperfezioni legislative.
Ma sotto il profilo sensoriale, un profilo aromatico alterato ha la stessa valenza di quello naturale? Anche qui potremmo utilizzare una metafora: è come un seno naturale e uno rifatto, per quanto possa essere bravo il chirurgo c’è sempre qualcosa che non quadra. L’olfatto poi non offre le stesse possibilità di inganno della vista, è molto più scafato, comunica direttamente con la parte del nostro cervello più antica, la stessa che origina le emozioni. Se qualcosa lo insospettisce immediatamente mette in allarme e va a finire che il prodotto alterato viene rifiutato, anche se di primo acchito la nostra parte consapevole l’aveva gradito.
La cosa preoccupante è che in molti potrebbero cominciare a rifiutare la grappa tout court adducendo come giustificazione “Sai, quando non la bevo sto meglio”. Sul mercato c’è un esempio eclatante: i prodotti tartufati. L’aroma del tartufo viene rinforzato con il bismetiltiometano che ne costituisce il componente quantitativamente più presente: sapete quanti hanno cominciato a dire “Non mangio più il tartufo perché non riesco a digerirlo”?
Luigi Odello
Presidente – Centro Studi Assaggiatori
Professore di Analisi sensoriale alle Università di Verona, Udine e Cattolica di Piacenza
presidenza@assaggiatori.com
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