La storia della grappa l’hanno scritta i distillatori. Più precisamente i lambiccari, quelli che vendemmia dopo vendemmia hanno messo le mani sugli alambicchi perfezionandoli, quelli che al mutamento della viticoltura e dell’enologia hanno reagito adeguando la tecnologia per ottenere una grappa rispettosa della tradizione, ma in linea con le preferenze dei bevitori saggi.
Luigi Tranquillini, nato il 16 novembre del 1924, di vendemmie ne ha viste tante, ha vissuto l’epopea italiana delle acquaviti estere, la moda del light degli anni Ottanta, l’arrivo del monovitigno, l’ascesa delle grappe affinate in legno.
Di origine contadina, impara da giovane l’arte della distillazione in un’azienda dell’Alto Adige come dipendente fino a quando, a metà degli anni Cinquanta, si presenta l’occasione di rilevare una distilleria nel suo paese nativo, a Mori, in Trentino. Per alcuni anni la conduce con suo fratello Bernardino dedicandosi esclusivamente alle bucce degli acini d’uva della Regione.
Per scolpirne il profilo sensoriale sceglie – fatto curioso in un’area dove impera l’alambicco bagnomaria – le caldaiette a vapore con cestelli abbinate a una colonna a fascio tubiero. Questo nella convinzione che da vinacce più asciutte si ottiene un prodotto con maggiore personalità.
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