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Grappa futuro: il pensiero di Rossella De Stefano

Nel vasto panorama degli spirit, la grappa emerge come un gioiello italiano, un distillato che racconta storie di tradizione e passione. Ma mentre il tempo avanza, ci chiediamo: quale sarà il destino di questo prezioso elisir? Potrà la grappa trasformarsi in un simbolo di modernità, capace di far breccia in contesti commerciali e affascinare una clientela sempre più esigente? La risposta potrebbe sorprendervi.

Numeri alla mano, dopo un biennio di crescita la Grappa I.G. ha registrato a fine 2023 un calo delle vendite in volume del 3,3%. Questa la fotografia scattata da Nomisma in occasione 78ª assemblea Assodistill. Tuttavia, nei primi tre mesi del 2024 il distillato di bandiera ha mostrato segnali di ripresa con un aumento del 6% dei consumi nell’horeca. Merito del grande lavoro dei nostri produttori per posizionare la grappa come distillato di pregio, in grado di contendersi uno spazio nelle bottigliere dei bar. Tutti segnali positivi, che alimentano la speranza di molti, mia compresa, di un futuro della grappa nella miscelazione, grazie alla sua versatilità e alle sue caratteristiche organolettiche uniche.

A quanti storceranno il naso, mi piace ricordare che l’uso della grappa in miscelazione non è certo una novità: negli anni ’30, Elvezio Grassi la menzionava nel suo libro “Mille Misture” come ingrediente per cocktail e la miscelazione futurista la utilizzava come base alcolica delle Polibibite, esaltandone il carattere irruente e schietto. La consacrazione nella miscelazione è arrivata nel 2020, quando l’IBA (Italian Bartenders Association) ha incluso per la prima volta un cocktail a base di grappa, il Ve.n.to, creato da Samuele Ambrosi e Leonardo Veronesi, nella lista ufficiale dei New Era Drinks. Oggi, bartender di fama internazionale esaltano le qualità della grappa nei loro cocktail, dimostrando che può essere protagonista anche nella mixology moderna. Allo stesso tempo, la comunicazione si è evoluta per attrarre un pubblico più giovane e informato. Una strategia che sembra fare scopa con la scelta di alcuni di diversificare la produzione, introducendo gin, vermouth e whisky italiani.

Per non sembrare un’inguaribile ottimista, devo ammettere che il lavoro da fare è ancora molto: dalle rilevazioni di Circana risulta che la grappa rappresenta infatti solo il 5% delle vendite complessive di spirit effettuate dai grossisti in Italia, pari a circa 27 milioni di euro su un totale di oltre 524 milioni di euro. Nulla a che vedere con la rilevanza del gin, che rappresenta oltre il 30% del mercato. Vero è che il nostro distillato ha una buona presenza nei cataloghi dei distributori horeca: l’ampiezza di assortimento proposta dai grossisti si attesta sulle 25 referenze medie mensili, mentre il gin raggiunge circa le 56 etichette, poco più del doppio. Un paragone ancor più interessante potrebbe essere con il mezcal, sul quale in molti sono pronti a scommettere. Entrambi i distillati condividono una forte identità territoriale e un processo produttivo artigianale, elementi che possono essere valorizzati per costruire un’immagine di pregio e provare a fare proselitismo tra bartender e mixologist.

Contemporaneamente dobbiamo educare i consumatori sulla grappa, spiegando come viene prodotta, i diversi tipi e il suo impatto ambientale positivo. Secondo le stime di Assodistill, in Italia, la superficie vitata rappresenta circa il 5% della superficie agricola e per ogni ettolitro di vino si producono 18 kg di vinacce, 6 kg di fecce e 4 kg di raspi. Se questi sottoprodotti fossero scarti, l’impatto ambientale sarebbe di circa 1.297.800 tonnellate di CO2. Grazie alle distillerie, molte di queste emissioni sono evitate, valorizzando le materie prime e i residui della distillazione per creare altri prodotti. Tuttavia, solo il 24% dei consumatori abituali conosce l’aspetto sostenibile della grappa, mentre un altro 52% sarebbe interessato se informato, percentuale che sale al 62% tra i giovani. Dati che devono farci riflettere e che suggeriscono un’importante leva da sfruttare per un rinnovamento dell’immagine del prodotto.

Sui mercati esteri, è vero, qualche preoccupazione desta il rallentamento delle vendite nei Paesi di maggior consumo come la Germania (che assorbe il 54% delle esportazioni), mentre segnali incoraggianti si registrano invece in Repubblica Ceca, Spagna, Paesi Bassi, Austria e Francia. Costruire un’immagine della grappa come distillato di pregio richiede investimenti in marketing e promozione, ma i risultati possono essere significativi. La grappa ha tutte le carte in regola per essere riconosciuta come un distillato di alta qualità, grazie alla sua storia, alla sua produzione artigianale e alle sue caratteristiche organolettiche uniche. In conclusione, il futuro della grappa dipende dalla capacità di innovare senza perdere di vista le proprie radici. La strada è tracciata: valorizzare l’artigianalità, esplorare nuove opportunità di consumo e nuovi mercati, e costruire un’immagine di pregio. Solo così potrà ritagliarsi un posto di rilievo nel panorama internazionale degli spirit.


Chi è Rossella De Stefano

Rossella De Stefano è una giornalista professionista con oltre 30 anni di esperienza nel settore dell’editoria. Dallo scorso novembre, ricopre il ruolo di direttrice responsabile di Mixer. Specializzata in comunicazione d’impresa, possiede una profonda conoscenza dei consumi fuori casa. Si definisce una fanatica di belle storie sul mondo del fuori casa. È Wine Master ed esperta di distillati, avendo ideato e gestito format di successo per la diffusione della cultura del bere miscelato. Le sue doti includono creatività, pensiero fuori dagli schemi, accuratezza e determinazione, qualità che le hanno permesso di raggiungere importanti traguardi professionali. In precedenza, ha diretto testate di riferimento per i professionisti del fuori casa, tra cui Bargiornale, Dolcegiornale e Ristoranti, indagando l’evoluzione e le tendenze del mondo food & beverage.

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