
Si continua a parlare della grappa in miscelazione come della soluzione di tutti i mali della grappa. Potrebbe esserlo a patto di modificare l’approccio dogmatico che contraddistingueva i numerosi tentativi passati. Angelo Zola, presidente Aibes, creò un concorso in collaborazione con la Distilleria Gambarotta ma leggendo le ricette tutte avevano la grappa, correttamente essendo una gara ad essa dedicata, come primo ingrediente. Il concorso Spirito Italiano che si svolgeva durante il Bar Show di Roma ha sempre avuto ricette con questa grammatura. Grappa Experience, un format andato in onda all’interno della kermesse Mixology Experience aveva al suo interno un bar a grappa che proponeva una lista cocktail basata su ricette classiche ovvero dei twist su Manhattan e Martinez dove la grappa sostituiva il distillato della ricetta. I ricettati di alcune distillerie ricalcavano questo stile arrivando a proporre un Grappa Tonic che spesso era assolutamente poco armonico se realizzato con la grappa sbagliata. La riscoperta delle polibibite futuriste con il testo Miscelazione Futurista del 2014 fu un tentativo fuori dagli schemi, decisamente provocatore che portò al lancio del format “Grappa contro Tutti”. Ma la totale mancanza di collaborazione da parte dei distillatori, diffidenti nei confronti di un movimento che ebbe, nella seconda parte della sua vita, evidenti legami con il fascismo fece decadere la proposta.
Vale la pena anche di ricordare i tentativi dell’industria in difesa dei quattro centilitri, con Suite 5 e Casta di Castagner, Sgrappa di Paolo dalla Mora e Gra.it di Bonollo che nacquero come grappe il cui sotto titolo era “da miscelazione”. Nessun distillato aveva mai parlato apertamente di una versione dedicata alla miscelazione e da molti fu vissuta come estrema ratio ed un clamoroso autogol. Questo nonostante che tutti i produttori si fossero affidati, soprattutto Castagner, ad un sommo concistoro di barman decorati e conosciuti nel mondo della miscelazione che si riunirono per creare cocktail e bilanciamenti. Tutte queste grappe sfioravano i 140 grammi di sostanze volatili imposte dal regolamento produttivo e tutte erano giocate sulle note di testa per evitare le code, il vero problema della grappa in diluizione. Chiudiamo con i tentativi del quattro centilitri con la codifica internazionale della Iba del cocktail Ve.n.to. di cui sarei curioso di sapere i numeri poiché nei corsi che regolarmente tengo a professionisti del banco sembra che nessuno lo replichi.
Comunque sia il risultato è sempre stato uno solo. Dopo un iniziale scintilla, il fuoco ha bruciato per un periodo, per poi spegnersi poco dopo. La grappa, la cui firma risiede nelle code, una volta diluita risulta spesso poco bilanciata nella sua aromaticità. Il consumatore preferisce altri prodotti meno impattanti al gusto o più armonici come dimostra il successo di vodka, light rum e gin nella odierna proposta. A questo punto, verificato che il quattro non passa, si potrebbe pensare di abbandonare questa strada a cui tutte le aziende mirano per fare volumi. Credo che ormai sia chiaro che la dose standard utilizzata sui manuali per tutti i distillati stia larga alla grappa, anche quando è “da miscelazione”.
Diamo un’occhiata al passato per comprendere meglio quanto segue. Grassi, nel suo Mille Misture del 1936, unisce spesso un 10 o un 20% di grappa in tutti i cocktail che contengono vermouth. Zuavo, Figliol Prodigo, Torino Cocktail, Milano Torino#2 per citarne alcuni. Due figli del vino in grado di sostenersi a vicenda. I 4 o 5 cl di vermouth venivano esaltati nelle note vinose da 1 cl di grappa. Una idea fuori dagli schemi classici.
Siamo così sicuri che inserendo un centilitro di grappa in tutti i cocktail a base vermouth, la cui rinascita è conclamata a livello mondiale, non avremmo un risultato migliore che incaponirci alla ricerca di una difficile armonia sui tanti voluti quattro? Pensiamo per un attimo al bitter aromatico Angostrura che sulle gocce e i dash ci ha costruito un impero. In questo modo potremmo aiutare il cliente a comprendere il gusto della grappa e fargli capire che il distillato di vinaccia non è il demonio all’interno di un cocktail. Visto il successo di Negroni ed Americano si potrebbe moltiplicare per molte migliaia di consumazioni questo giochino.
Basterebbe creare un twist su queste ricette per riproporre nuovamente la grappa sotto un’altra luce. Un modo per vincere anche l’idiosincrasia di alcuni barman verso la grappa ma al contempo pronti a buttarsi a capofitto nella miscelazione del mezcal, un prodotto simile per carattere alla grappa il cui successo in miscelazione, fatto di mezze dosi in unione con la tequila, dovrebbe servirci come buon esempio.
Chi è Fulvio Piccinino
Fulvio Piccinino, torinese, nasce nel 1967. Dopo aver lavorato per molti anni per una multinazionale birraria, alla fine degli anni Novanta si sposta dietro al bancone del bar, dove inizia la sua passione per lo studio della merceologia e della miscelazione. Nel 2011, dopo la pubblicazione del sito e del libro Saperebere, la cultura del bere responsabile diventa docente dell’Associazione Italiana Sommelier per la lezione sulle acquaviti europee ed extra europee. Tiene costantemente seminari tematici sul Vermouth di Torino e sulla liquoristica italiana presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, all’Università di Enologia di S. Michele all’Adige (Tn), all’Alma scuola di alta cucina di Colorno (Pr) ed è docente presso l’Istituto Tecnico Superiore per l’Agroalimentare di Torino per tre corsi professionali.
Nel 2015 pubblica Il Vermouth di Torino, storia e produzione del vino aromatizzato più famoso del mondo, segue, nel 2017, Il Gin Italiano storia e produzione dei distillati al ginepro e nel 2019 si conclude la trilogia del “Negroni di Carta” con Amari e Bitter dagli speziali ai bartender. Nel 2021 pubblica Saperebere Complete Edition che completa l’opera originale con tutti i regolamenti produttivi europei di acquaviti e distillati di scuola europea ed extra europea aggiornati da un decreto europeo nel 2019.
Nel 2022 pubblica Grappa e Brandy storia e produzione dei figli del vino, una ricerca sulla storia della distillazione italiana ed europea ricca di riflessioni e colpi di scena. Nel 2023 è nominato Ambasciatore del Vermouth di Torino per il Consorzio per i meriti acquisiti sul campo avendo implementato il laboratorio di Esperienza Vermouth che viene erogato ininterrottamente dall’ottobre del 2015 ad oggi con oltre cinquemila iscritti e quindicimila vermouth degustati.
Sempre in questo anno pubblica, spinto dalla sua grande passione per le api, Il re era una regina la prima ricostruzione storica sulle vicende dell’apicoltura italiana dall’Antica Roma al Secondo dopoguerra, corredato da curiosità ed approfondimenti sulla straordinaria biologia di questo insetto.
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