Come ormai sappiamo, lo abbiamo letto dappertutto, la denominazione “grappa” ha ricevuto il riconoscimento della Comunità Europea come denominazione geografica. Un bel passo avanti davvero e un ulteriore fiore all’occhiello dell’Italia agroalimentare. Ma non basta, il bello viene ora.
Infatti si devono innanzitutto tracciare i confini entro i quali l’utilizzo della denominazione potrà e dovrà essere lecito. Non confini geografici, quelli per fortuna ci sono, ma limiti produttivi. Si devono cioè definire tutte quelle procedure, materiali e sistemi produttivi che potranno essere impiegati, nel rispetto della tradizione, per poter utilizzare la denominazione grappa su una acquavite di vinaccia.
Si sa, tutte le volte che si mette mano a una definizione occorre stare ben attenti per evitare che alla fine qualche parola scritta male, o qualche passaggio che si presta ad ambigue interpretazioni bizantine, possano dare origine a qualche “mostro”, a qualche distorsione irrispettosa della secolare tradizione grappistica nazionale. Magari a esclusivo vantaggio di questo o di quel produttore, che poi spesso si rivela essere stato molto attivo dietro le quinte.
Una volta terminata la parte tecnico-normativa, si dovrà prestare la massima attenzione a controllare che essa venga rispettata dai produttori italiani. E anche che non vi siano dannosi utilizzi della denominazione protetta, o sue imitazioni, al di là dei confini nazionali. Merita a questo punto citare gli sforzi dei produttori di Parmigiano Reggiano, che da anni si battono contro le contraffazioni della loro Dop.
Infine, occorrerà affrontare tutta una serie di ulteriori tematiche, per il nostro settore particolarmente delicate e complicate: dagli aspetti fiscali a quelli sociali che incidono pesantemente sulle economie dei produttori, specie dei più piccoli, e sulla loro capacità di stare sul mercato.
I temi sul tavolo sono così di peso e complessi da spaventare i più: è chiaro che per affrontarli con la migliore possibilità di successo è non solo necessaria, ma indispensabile la massima unità tra tutti i produttori. Al recente congresso dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino si è tenuto il banco d’assaggio “Le acqueviti italiane figlie della vigna”, nel quale la grappa ha fatto la parte del leone e che ha consentito di raccogliere dati sullo stato di salute del nostro distillato. Per questa iniziativa hanno lavorato fianco a fianco e in armonia le tre grandi associazioni del nostro settore: Istituto Nazionale Grappa, Assodistil e Federvini. Sia nelle fasi preparatorie che nel corso dell’evento si è potuta registrare una grande intesa d’intenti tra queste parti, che in passato non sempre si sono trovate d’accordo. Rilevante è stato anche il supporto prestato dai partner tecnici, il Centro Studi Assaggiatori e l’Associazione Degustatori Italiani Grappa e Distillati.
E’ stato davvero un grande piacere constatare che finalmente ci si trova d’accordo sulle filosofie principali della produzione e della tutela, verificare come ci si senta davvero tutti giocatori della stessa partita. Un atteggiamento importante e decisivo, fondamentale per il futuro in un momento come questo, in cui l’economia pare davvero debole, e in cui è realmente necessario remare tutti nella stessa direzione.
Cesare Mazzetti
Presidente – Istituto Nazionale Grappa
presidenza@istitutograppa.org
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