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Ma davvero il consumatore vuole la grappa vecchia?

C’era una volta il detto “vino vecchio e donne giovani”. Si potrebbe parodiare per la grappa, visto il crescente successo delle invecchiate. Proprio alla vigilia della consegna dei “Vinitaly Grappa Tasting Award” di quest’anno, che considerando i dati del “Grappa Tasting & C.” di Vinitaly 2006,  incoronavano una larga maggioranza di grappe invecchiate rispetto a quelle giovani, ricevemmo una mail che ci fece non poco riflettere: uno dei maestri della grappa più accreditati si poneva il problema della possibile pericolosità della moda delle grappe sposate al legno.
In effetti il soggiorno in botti produce sempre una copertura dei caratteri originali della grappa, ne modifica sostanzialmente il profilo sensoriale riducendo l’impatto del territorio e del vitigno e, in qualche modo, pone un velo alla scultura realizzata con perizia dal mastro distillatore. Ma c’è di più: il riflesso del legno si può “aiutare” mediante botti molto piccole e nuove, con trucioli o con i bonificanti. Ecco, in ordine di peggioramento crescente, pratiche antiche che tornano alla ribalta.
Dobbiamo dunque fare un passo indietro e cambiare qualcosa, a cominciare dall’orrenda semantica usata nelle legge che parla di grappe “vecchie” o “invecchiate”: nessuno ama il vecchio, soprattutto in una società dove il mito è giovane, attivo e trasgressivo. Dobbiamo iniziare a parlare di grappe “elevate in legno”, vale a dire di grappe progettate già al momento della cura della materia prima e della  distillazione per completare la loro educazione in contenitori che ne consentano una felice evoluzione con il completamento dell’aroma sul versante speziato e vanigliato. Parliamo di completamento, perché devono comunque mantenere un fruttato spiccato e un vegetale appena accennato nei toni di erba sfalciata, o potente, nell’area della erbe officinali, se derivano da un vitigno aromatico. Le grappe elevate in legno non sono zuccherose e vanigliate come se fossero appena uscite da una pasticceria, né spremute di rovere come se fossero figlie di una falegnameria.

Ecco, siamo d’accordo con il maestro della grappa che abbiamo tirato in ballo prima: la moda può portare a creare dei mostri, un po’ come quella dei pantaloni a vita bassa delle donne che ha messo in evidenza tante pance alle quali non è possibile accreditare il miglioramento estetico del pianeta Terra.
Ricordiamo in proposito un colloquio risalente a un quarto di secolo fa con lo scomparso cavalier Tosolini: elevava le grappe in frassino, perché voleva solo educarle, non che prendessero di legno, ne’ nel colore, né nell’aroma. Se vogliamo che quella delle grappe invecchiate non sia moda, ma successo duraturo di una grande categoria, rifuggiamo quindi dalle esagerazioni e dalla cosmesi in distilleria: la finezza è il vero motore della preferenza.

Luigi Odello
Presidente – Centro Studi Assaggiatori
Professore di Analisi sensoriale alle Università di Verona, Udine e Cattolica di Piacenza
presidenza@assaggiatori.com

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