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La grappa è già un cocktail

Il bere miscelato è nato come forma d’arte per creare bevande da altre bevande già pronte, ma trova una potente ragion d’essere nella riduzione della percezione della forza alcolica delle acqueviti. Per converso, qualsiasi categoria di produttori di acqueviti ha visto (e ha visto giusto) nel bere miscelato una modalità per aumentare i consumi e ha sempre guardato con occhio avido i fiumi di certe acqueviti consumate in bar, discoteche e locali notturni in cocktail e long drink. Tutto questo ha persino portato alla ribalta le assurde bevande da ragazzini, quelle che ti fanno ubriacare senza che te ne accorga, gli alcohol pops.
Sulla grappa nel bere miscelato si discute da sempre, senza mai essere riusciti a proporre modalità da portarla al successo in questo contesto. Un tempo si diceva che la grappa nasce individualista perché figlia del distillatore e deve essere consumata sola. Un tempo, e stiamo parlando di circa un quarto di secolo fa, si diceva addirittura che era un’acquavite da consumare da soli. Che tristezza.
Certo, c’è stato un periodo, e siamo negli anni Settanta e Ottanta, in cui il nostro spirito si presentava con una frequenza elavata dotato di pungenza, nota lattica o caseosa, sentori graveolenti. Miscelarlo era proprio impossibile. Ma con le grappe raffinate, floreali e fruttate come quelle che abbiamo a disposizione oggi, cocktail e long drink vengono proprio bene, non di rado addirittura superiori a tante altre acqueviti.

Quello che manca alla grappa, da sempre, è un rito. Ci spieghiamo meglio: avete presente pollice contro indice, pizzico di sale e limone, leccata e poi giù un tequila? Non solo non si può dire che sia un gesto da damerini, ma non aveva altra motivazione se non consentire di bere ugualmente e di più un distillato che piacevole non poteva considerarsi. Bene, è diventato un rito e ha portato il tequila nel mondo.
C’è un’altra osservazione da fare. Molte acqueviti che sono campioni di long drink lo sono diventate perché supportate dalla necessità. Il vino, e in certi casi la birra, è il principe della tavola. Ma se non c’è? Lo scozzese, il canadese e l’irlandese hanno adattato l’whisky, il brasiliano la cachaça in versione caipirinha. Hanno fatto di necessità virtù e, con questo hanno creato un rito che è diventato moda. Con la grappa giusta si può anche fare di meglio, provare per credere. Ma ci chiediamo sinceramente: ne vale la pena?

Non c’è bere miscelato in grado di valorizzare l’acquavite, può solo consentirne un maggior consumo. Se questo è l’obiettivo con la grappa c’è davvero da divertirsi, perché i cocktail a base di grappa sono piacevolissimi. Ma forse c’è un modo più lungimirante e profittevole per aumentare il consumo di grappa e valorizzarla: insegnare alla gente ad apprezzarne le caratteristiche sensoriali uniche ed inimitabili. La grappa è di fatto un cocktail di centinaia di molecole odorose creato dalla natura e scolpito dal mastro distillatore.

Luigi Odello
Presidente – Centro Studi Assaggiatori
Professore di Analisi sensoriale alle Università di Verona, Udine e Cattolica di Piacenza
presidenza@assaggiatori.com

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