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Invecchiata? No, elevata in legno

In una società che teme la vecchiaia, la propria quanto quella degli altri, denominare un’acquavite vecchia, stravecchia e invecchiata, come codificato dal legislatore, significa porre una barriera psicologica all’avvicinamento del consumatore.
Ma il termine risulta poco appropriato anche per un altro motivo: invecchiare richiama con immediatezza un lento defluire del tempo di tipo passivo, vale a dire che se si potesse fare altrimenti lo si farebbe volentieri.
Invece oggi le grappe di alto lignaggio non vengono semplicemente conservate in legno per periodi più o meno lunghi, ma dal legno vengono educate, è come se ci andassero a scuola. Operatori – soprattutto quelli dell’horeca – e consumatori stanno premiando questa filosofia dei grappaioli: tra le prime dieci grappe più gettonate a Vinitaly 2008 al Grappa & C. Tasting ben otto sono state occupate dalle grappe sposate al legno. Non solo, mediamente il giudizio sensoriale dato a questa categoria è stato superiore a ogni altra.
C’è un pericolo: la volgarizzazione e quindi la perdita di stimoli da parte degli utenti. Al citato Stratus Tasting la crescita di anno in anno è continua e nell’ultima edizione l’offerta è stata superiore al 40% delle referenze presenti della nostra acquavite di bandiera: tra un po’ rimpiangeremo la bella grappa cristallina e incolore che profuma di fiori e di frutta.
La normativa aiuta poco a determinare la qualità: i 12/18 mesi necessari per blasonare una grappa come invecchiata, vecchia, stravecchia o riserva di per sé non significano nulla. Affinché l’elevazione in legno abbia senso occorre un progetto che deve partire dalla vinaccia, per passare poi attraverso la distillazione e giungere alle modalità di affinamento.
Correlando il verdetto del consumatore con la tecnologia che porta al successo possiamo notare che la vinaccia è per larga parte fermentata, ha una buona ricchezza alcolica, non ha difetti di sorta ed è distillata relativamente fresca a gradazioni contenute. Il legno necessita di ampie popolazioni di componenti per operare i matrimoni di cui è capace. Ed è per questo che le grappe da vitigni aromatici – che in genere fanno eccezione rispetto alle prime perché derivano da vinacce vergini che fermentano fuori dal contatto con il mosto – in certi casi riescono a stupire per la straordinaria personalità.
Focale, nel progetto di cui stiamo parlando, risulano le modalità di elevazione in legno: una sola essenza o più essenze? Prima in botti piccole nuove e poi in botti grandi ormai stanche? O il contrario? E a quali gradazioni vanno poste? In quali condizioni di temperature e di umidità?
È attraverso queste variabili che il mastro distillatore genera il suo capolavoro. E a livello commerciale può essere aiutato dalla denominazione di vendita: il riferimento a un vitigno o a un vino prestigioso o alla moda può essere un ottima calamita per il consumatore. Ma attenzione a due cose: poi sotto il profilo sensoriale il prodotto non deve assolutamente deludere e la coerenza tra nome e affinamento in legno ha la sua importanza. L’associazione tra Barolo e grappa elevata in legno è immediata, con il Traminer un po’ meno.

In ogni caso ci sono grappe elevate in legno di notevole successo che non recano denominazioni di grandi vini o di vitigni famosi, però sanno raccontare una storia molto avvincente, sia sul piano narrativo che su quello sensoriale. 

Luigi Odello
Presidente – Centro Studi Assaggiatori
Professore di Analisi sensoriale alle Università di Verona, Udine e Cattolica di Piacenza
presidenza@assaggiatori.com

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