Da quando George Clooney nel 2013 cominciò a produrre tequila, seguito poi da molti altri personaggi famosi, il Messico ha aumentato di otto volte i volumi di questa acquavite nazionale, stando a quanto scrive Irene Soave sul Corriere della Sera del 22 agosto. Le statistiche in merito non sono concordi, alcune parlano di 273 milioni di litri, altre di 400 milioni, e non sappiamo se trattasi di alcol anidro o della gradazione di consumo. Non sarebbe quindi un azzardo pensare che l’offerta globale, espressa in bottiglie da 0,7 litri, sia intorno al mezzo miliardo o addirittura lo superi. Per contro la grappa negli ultimi lustri ha lasciato sul terreno quasi metà della produzione, attestandosi intorno alle 20 milioni di bottiglie.
Se vogliamo metterla sotto il profilo della sostenibilità possiamo dire che la grappa è il modo più utile e remunerativo per trasformare i residui della vinificazione, mentre il tequila causa deforestazione, inquinamento idrico e un enorme consumo di acqua. Ma con questo, anche se non c’è impresa che oggi non si riempia la bocca con la sostenibilità, non faremo migliorare la situazione della nostra acquavite di bandiera.
Dobbiamo trovare un personaggio famoso che cominci a produrla e la esiti sul mercato dai 50 ai 100 dollari come sta succedendo con il tequila delle celebrità.
Oppure ci vuole una nuova alleanza con il mondo enologico: dove sono le migliaia di cantine che la facevano produrre con il loro marchio, la utilizzavano nelle relazioni e la mettevano a listino insieme ai loro vini? Siamo il più grande paese vitivinicolo del mondo e tra i maggiori esportatori: è possibile che la grappa sia in retrocessione? A che è valsa la sua elevazione a Indicazione Geografica?
Certo, per fare un’alleanza occorre presentarsi forti e attraenti, ammantati di una buona reputazione, incoronati da una comunicazione di successo. Una situazione che non pare possibile se i grappaioli restano divisi e campanilisti, nonché disposti a tradire la grappa con altri spirits, oppure a proporla nel bere miscelato.
Luigi Odello
1 Comment
Niccolò Bovenzi
1 Settembre 2021 at 11:48Concordo con Lei Sign.Odello.
Penso che lei sottolinei un’aspetto che ancora una volta mette in risalto problemi di percezione di prodotto!
Ad oggi, il consumatore preferisci distillati più “nobili”, il settore Ho.Re.Ca di conseguenza non è curioso verso questo prodotto, non fa economizzare. Come un domino, i distributori e grossisti chiudono le porte in faccia ai produttori perché non c’è mercato. Ed infine i produttori? Diminuiscono i volumi sempre più fino a scomparire. Soluzioni? Basta comunicare!!
Basti pensare che solo in questo mese tra Roma e Padova, due fiere del settore faranno da vetrina alla grappa in miscelazione. La grappa in un cocktail è pazzia? È il modo per arrivare ai giovani futuri bevitori italiani. Legali alla loro terra!!