Fatti e persone

Coca

Sul piano fisiologico promette, ma non mantiene, perché di cocaina non ne contiene. Almeno quello attualmente in commercio, perché le cose un tempo erano diverse e le attese di una combinata azione psicotropa tra alcol e alcaloide venivano confermate al sorseggio. 

Sono diversi i liquori che vedono le foglie di coca negli ingredienti e di certo godono del forte richiamo che esercitano verso la trasgressione. Tra i primi a solcare i canali di vendita italiani troviamo quello della famiglia Medici di Bologna che data 1820, ma oggi le referenze presenti sul mercato sono decine. 

Il processo di produzione più classico prevede l’infusione delle foglie di coca in alcol a una concentrazione vicina ai 90% vol, poi la riduzione di grado e la distillazione. In genere la ricetta è compendiata da decine di altre piante o parti di esse, tra le quali té, ginepro, ginseng, guaranà. Molte sono utilizzate soprattutto per dare complessità al profilo aromatico, ma altre, come il ginseng e il guaranà, sono impiegate per offrire una palese azione fisiologica.

In quanto liquore ha un sapore dolce evidente che si unisce a una generosità alcolica compresa tra i 30 e i 40 gradi, mentre l’aroma è sempre decisamente vegetale (fesco e/o balsamico) arricchito da possibili preziose note floreali e da sentori speziati che chiudono il bouquet.

I liquori alla coca sono molto utilizzati nel bere miscelato, ma sono piacevoli anche tal quali, soprattutto se si ha la capacità di immaginare un viaggio sulle Ande dove la vita è difficile e quindi l’Erythroxylum coca ha la sua ragion d’essere.

Luigi Odello

Chiara Sottocorno

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