Vorremmo potervi dire che la ghianda, frutto preferito dai suini, trasferisce il suo aroma a prosciutti e insaccati preziosi, ma non è così. Prima di tutto perché oggi sono pochi i maiali che possono cibarsi di ghiande e poi perché di aroma ne ha davvero poco.
La ghianda è il frutto delle querce (genere Quercus), un albero appartenente alla famiglia delle Fagacee. È una noce indeiscente, cioè non si apre da sola per rilasciare i semi. La ghianda è tipicamente ovale o allungata e misura tra 1 e 6 cm di lunghezza. Il frutto è protetto da una cupola legnosa che ne copre la base. Ci sono diverse specie di querce che producono ghiande, come la Quercus robur (quercia farnia), la Quercus ilex (leccio) e la Quercus suber (quercia da sughero).
Le ghiande contengono una percentuale variabile tra il 40 e il 60% di carboidrati in cui gli amidi arrivano all’85% e gli zuccheri fermentescibili superano il 10%. Per questo alcuni tipi di ghianda si prestano bene a fare farina e qualcuno è persino stato impiegato per generare, una volta tostato, un succedaneo del caffè. D’altronde le proteine non mancano: sono il terzo costituente (con una partecipazione del 4-8%), a poca distanza dai lipidi (5-10%).
Gli zuccheri fermentescibili sono comunque troppo pochi per originare un fermentato con una gradazione alcolica decorosa, per cui per la produzione dell’acquavite si procede, una volta generato il mosto miscelando la farina di ghianda con acqua, all’enzimaggio che porta alla formazione di zuccheri semplici. A questo punto si potrebbe fare una bevanda simile alla birra, ma il contenuto di tannini la renderebbe troppo amara e astringente. L’alambicco, cogliendo solo la parte volatile, quindi l’alcol e gli aromi, quasi per intero di tipo secondario, perché si sono formati con la fermentazione, genera un’acquavite esente da astringenza.
In Italia si produce un’acquavite di ghianda in Sardegna1.
1 www.landhe.it – Fabio Depperu – arsura@landhe.it – +39 347 475 1978
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